L’inizio di ogni pratica yoga merita una fase di ascolto e di “non fare” per ritrovare quel filo che conduce al respiro.
Le asana sono forme vive e pulsanti: farle è ogni volta un nuovo viaggio con tutto il nostro essere (corpo, mente e respiro) dove portiamo alla luce, goccia dopo goccia, il nostro mare interiore.
Incontriamo limiti e impedimenti, gradualmente impariamo a conoscerli e ad accoglierli con gentilezza e rispetto; attraverso l’esperienza pratica e l’uso intelligente della volontà questi verranno integrati in un reale processo di conoscenza.
Così procediamo passo dopo passo, abitando l’asana in modo stabile e comodo; ogni posa diventa viva nel rispetto della forma, ricevendo da ognuno di noi e dal nostro vissuto un tocco creativo.
A ogni pratica il corpo affina la propria capacità di cogliere il presente corpo-mente e di riorganizzarsi in un’azione sempre nuova e adattativa: il piccolo spazio del tappetino diventa un’opportunità per “allenare” la mente.
Si concilia bene allo yoga il concetto di resilienza
Istintivamente la parola resilienza rimanda a qualcosa che resiste ma anche che cede, l’idea di un movimento verso un obbiettivo ma anche la capacità di tornare indietro e di adattarsi all’imprevisto.
In psicologia la resilienza è un concetto che indica la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità che la vita offre, senza alienare la propria identità.